Artisti del colore sociale nasce al porto di Senigallia in una notte di mezza estate, con una birra in mano e un sogno ben definito davanti agli occhi. E’ l’unione di intenti di tre amici, di tre percorsi artistici differenti che si fondono per plasmare un suono che descriva i colori dell’anima e la poesia dell’uomo ma anche lo squallore grigio di ciò che è intorno a noi, la cecità ignorante che sempre più ci contraddistingue. E’ l’empatia smisurata o l’insensibilità totale, è l’eterna lotta tra forze contrastanti che si azzuffano dentro di noi per darci una direzione, un colore che sfuma e diventa il suo opposto

Gli “Artisti Del Colore Sociale” si presentano cosi, e noi, in un mezzogiorno post sbronza con la bocca amara e la consapevolezza che la vita fa schifo andiamo a recensire il loro primo disco:

ADRENOCROMO”

L’ep parte subito in quarta, come un cazzotto in un occhio non ci dà il tempo di pensare che siamo già per terra sanguinanti. Si riconoscono fin da subito le sonorità industrial ispirate ai Nine Inch Nails per dirne uno a caso, che si rispecchiano altresì nello stile grafico della copertina, il male sotto lo zoom degli occhi di chi vede.

Il singolo “ADRENOCROMO” ci sussurra e urla allo stesso tempo all’orecchio le liriche di “Simone Mazziotti” siamo ancora sanguinanti a terra, ma lui sà rialzarci come fa la mattina con la sua adrenalina, e abbiamo voglia di continuare questo viaggio.

“FILTER” ci si presenta con sonorità alla Depeche mode, pian piano ci addentriamo in un’atmosfera apocalittica che culmina alla fine del pezzo con ritmi serrati che più hardcore forse non si può.

Il perno poetico dell’ ep è rappresentato al meglio da “INLAUDE”, una traccia piena d’odio e disillusione verso quello che il mondo che ci circonda vuole farci credere.

“FORMALDEIDE” è un pezzo che gasa all’inverosimile, viene voglia di muoversi, di saltare, di urlare, di fare qualcosa insomma; è forse il pezzo che ascoltato dal vivo può dare una spinta in più a tutta la performance.

“PLASTICA” è una traccia che si decompone gradualmente, lentamente; e che si conclude con un pianoforte che ci ricorda tanto le atmosfere del disco “Ghost” dei già citati Nine Inch Nails, questo pianoforte inoltre ci introduce l’ultimo pezzo “TIMEHOLE” dove sentiamo le voci dell’umanità che ci aiutano a chiudere un cerchio che in realtà non si chiude mai, ma che segna la fine dell’ep.

a cura di NERV