Il tuo modo di comporre mi è sembrato quasi “insiemistico”. I layer sonori nella tua ultima composizione “Voyage” si sommano verticalmente come fossero micro-insiemi, pattern di un’unica equazione. Il risultato è notevole. Ma i singoli suoni, come li ottieni? Li sintetizzi tu o usi dei preset?

Quando trovo un preset che mi sembra suonare bene in un certo contesto uso quello, così com’è. Altre volte invece parto da un preset e lo modifico per arrivare a ciò che desidero. Spesso però preferisco ottenere un suono partendo da un’idea e sperimentando fino a raggiungere qualcosa di simile a ciò che sto cercando. Ogni strada è buona.

In generale cosa usi e come lo usi per comporre?

Per comporre uso una workstation digitale. Parto da un loop di base che contiene buona parte degli strumenti, ipotizzo una struttura e faccio una prima stesura della traccia. Fatto questo non mi rimane che dedicarmi all’arrangiamento e alle parti melodiche che daranno colore, variabilità e significato al brano.

Esprimendoti con musica spesso esclusivamente strumentale, mi viene da chiederti, cosa ne pensi della parola? Intendo in generale, come mezzo di comunicazione, ma anche solo come strumento sciamanico per evocare oggetti e concetti.

Come mezzo di comunicazione la parola è potentissima, e può essere usata bene come può essere usata male. La parola come strumento sciamanico invece la trovo molto interessante, specie se non si conosce o non possiede significato ed è possibile intenderla solo in termini di suono, di ritmo e di musicalità.

E invece come scegli un suono? E’ un lavoro d’istinto o mediti le timbriche che di volta in volta andrai ad usare?

So che se ho bisogno un suono più simile ad un violino dovrò fare alcune cose e per farne uno più vicino, ad esempio, ad un piano, dovrò farne delle altre. All’interno di queste macro-categorie esiste poi un mondo timbrico molto ampio nel quale ci si muove un po’ per esperienza e un po’ per sperimentazione. Altre volte invece è molto interessante giocare con il sintetizzatore senza una finalità precisa perché si possono ottenere delle idee interessanti che potrebbero confluire in un nuovo brano.

Se non si lavora espressamente ad una colonna sonora commissionata, cosa ci si aspetta un artista del XXI secolo che sceglie la strada che hai intrapreso tu? Intendo, un singolo di elettronica, oggi, da chi viene fruito? E che aspettative nutre un artista in merito ad esso?

Credo che non sia necessario nutrire delle aspettative verso un qualche tipo di raggiungimento. Anzi, spesso può risultare controproducente, specialmente in ambito musicale e specialmente oggi. Partendo da questi presupposti ritengo che ognuno dovrebbe sentirsi libero di poter fare ciò che più gli piace e che più gli assomiglia. Se piace a lui è un ottimo punto di partenza e giorno dopo giorno potrebbe anche piacere a qualcun altro. Un singolo di elettronica, come non di elettronica, potrebbe essere fruito da chiunque. Oggi ci sono molti artisti elettronici che fanno vera musica, il problema sta solo nel non chiudersi troppo all’interno dei generi, delle categorie. Buona parte delle musica elettronica di oggi potrebbe arrivare davvero a tutti.

Emmeffe è un progetto esclusivamente studio o porterai questo lavoro anche dal vivo? E in caso, come strutturi il tuo live-set?

Non ho ancora programmato se, come e quando, portare il progetto Emmeffe dal vivo. Devo ammettere che non ho esperienza in questo senso, ho suonato molto dal vivo ma sempre all’interno di band e quasi sempre in ambito rock. Per cui potrebbe essere qualcosa di interessante a cui pensare per il futuro. Nel caso dovessi farlo mi piacerebbe dare molta enfasi alla parte visiva del live-set attraverso l’uso di luci, proiezioni e di atmosfere suggestive.

Sei stato in passato un musicista che ha suonato molto rock. C’è ancora spazio per questo genere? Oppure è definitivamente tramontato lo scenario sociale per proporlo ancora?

Credo che per rinascere, il rock abbia bisogno di sganciarsi da molti stereotipi legati al suo passato. I tempi sono cambiati ed è inutile che ci giriamo intorno. Tuttavia non credo che il potenziale del rock si sia esaurito, anzi, oggi ce ne sarebbe davvero tanto bisogno. Ma credo che dovrebbe mettere da parte quegli ideali del passato e usare la sua forza dirompente in funzione del presente.

Dal comunicato stampa che accompagna il tuo ultimo singolo, mi pare di capire che Stephan Bodzin, Jon Hopkins, Aphex Twin e Christian Löffler siano tra gli artisti che influenzino di più il tuo percorso elettronico. Ma quali sono gli artisti rock che segui maggiormente? Mi pare che con la tua band hai aperto una data dei Jane’s Addiction, una delle più grandi rock band degli anni 90. Quali altri artisti puoi dire che ti hanno realmente influenzato?

Non è un caso se proprio negli anni ’90 i Jane’s Addiction siano state una di queste band. Durante l’apertura del loro concerto mi è sembrato di vivere un sogno, ed è stato molto emozionante. Ma prima di loro sono stato influenzato dai Velvet Underground, dai Beatles e dai Talk Talk. Più recentemente dai Fugazi e dai Sonic Youth. E poi da sempre sono un grande fan di Frank Zappa che ritengo sia stato un artista molto rock. Oggi, dopo l’ultimo album dei Tool, farei fatica ad individuare delle rock band da seguire ma quando mi viene voglia di ascoltare del buon rock non esito a tirar fuori qualche bel disco del passato. Ringrazio Wezla per l’intervista e rivolgo un saluto a tutti i suoi lettori.

a cura di Max