Ogni tanto resto sorpreso di quanto la musica mainstream del panorama italiano sia piatta, ripetitiva, modaiola e incredibilmente stereotipata e quanto invece nell’underground (e voglio usare questa terminologia anni novanta per indicare le autoproduzioni di musica indipendente) fioriscano progetti curiosi, originali e sopratutto coraggiosi.

Helmet Project incarna questo filone perché propone della musica strumentale, con sonorità particolari (molto ’70) e strutture inconsuete: dopo un intro di un minuto e mezzo basato su groove e fill funkeggianti e sintetizzatori vintage, compare il sax solista di Sergio Battaglia (Ostinàti) che si scatena in un solo molto articolato e tecnico sempre magistralmente accompagnato da un ensemble ritmico degno di un’orchestra; il solo termina con una bella armonizzazione del tema da parte di una sezione di fiati, poi uno stacco di chitarra ritmica che ricorda molto “Figli delle Stelle”, la ripresa del tema e un ultimo stacco che chiude con del vociare di avventori come a evocare un club pieno di gente.

Sicuramente il prodotto è indirizzato ad intenditori ed è tecnicamente elaborato, ma non perde la sua natura di potenziale soundtrack (mi ricorda molto le backing usate negli anni ’80 come jingle tipo “La Domenica Sportiva”), questo mi fa pensare a quanto poco siano considerati gli autori italiani rispetto agli stranieri e quanto la proposta televisiva attuale sia accompagnata da jingle tristi e banali.

Da musicista e compositore non posso che apprezzare l’idea e aspettarmi un album nella stessa direzione, così che si possa finalmente pensare alla musica anche senza un cantante e gioire della bellezza delle melodie e delle ritmiche in un contesto più orchestrale.

A cura di Marco Germani

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