Lullabies for Amelia è l’ep scritto dall’artista Someone, nome d’arte di Jacopo La Posta e arrangiato da Marco Germani. L’EP si può definire un concept album, attraverso il quale l’artista percorre un viaggio esistenziale e filosofico nel suo “io” più profondo, passando oltre le maschere che indossiamo ogni giorno, un percorso nella sua totale autenticità, dove i suoni e la voce si armonizzano in un delicato e simbolico intimismo. Sono favole, ma in primo luogo sono lezioni morali, dove un velo oscuro, quasi impalpabile e impercettibile, si dispiega nella musica, creando qualcosa di magico, di evocativo, dal finale spesso amaro. I dubbi, le domande, le incertezze, sono introdotti con la figura di Amelia, un’ipotetica figlia che cerca di riflettere i pensieri più comuni e più complessi che un ipotetico padre potrebbe avere nel crescere un figlio in un’epoca storica come questa, difficile e complessa.

Un album che esprime il dolore e le insicurezze cercando di allontanarle, di cicatrizzarle, attraverso l’uso di un sound dream-pop, con sonorità differenti, in cui si predilige l’uso dell’elettronica, riempito con gli intermezzi di piano, archi e percussioni. L’effetto sulla voce crea un’atmosfera sospesa ed imprime nel cantato un timbro nuovo, diverso, intimo ed essenziale, dove le storie vengono raccontate e sfumate nella loro agrodolce complessità.

Il primo brano è intitolato The Dance. Le sonorità sono dolci ma al contempo decise, sostenute da una linea di basso e un pianoforte armoniosi, che in seguito si aggiungono ad altri strumenti che aprono la melodia nel ritornello in maniera elegante. Il cantato e la musica si fondono in perfetta armonia, ricreando uno spazio a sé stante. Cosi, come in una danza, si crea un crescendo sostenuto che sfocia nel finale, dove le domande si fanno strada nella mente del protagonista.

Di seguito troviamo Broken Arrow, del quale è stato realizzato anche un bellissimo videoclip curato da Elisa Collimedaglia. Si apre con un orologio che scandisce il tempo, un tempo che scorre, inesorabile, e la musica che s’interseca ad esso. Battiti, suoni, parole, così l’artista ci racconta e si racconta.

Nel terzo brano, John Doe, un’atmosfera misteriosa e cupa permea la canzone, come un viaggio in un bosco nel quale si ricerca il senso di ogni cosa, ma la cui conclusione è una sola: I’m nobody.

In ultimo abbiamo Ordinary World, molto orecchiabile melodicamente, si apre come un racconto dal futuro, nel contempo distante e vicino, dove si trovano sovrapposizioni strumentali interessanti, e il ritornello esplode nella sua piena consapevolezza. Lascia spazio a delle pulsazioni sopraffatte dalla voce di bambini che giocano, pulsazioni di vita e forse di speranza.

In definitiva possiamo dire che questo lavoro di Someone e Marco Germani risulta un prodotto estremamente godibile e filosoficamente appagante, che riflette non solo grandi capacità di produzione ma anche un bellissimo cantautorato, che decisamente merita l’ascolto.

di Annalisa Gandossi