Benvenuta su wezla. Puoi parlarci del tuo percorso artistico fino a qui? Perché il nome
Mille?

“Nadia preparati, sta arrivando la spedizione dei Mille!” esclamava a gran voce mio padre davanti al palco allestito in sala da pranzo: usavo alcuni mobili come scenografia e le tende delle finestre come costumi, sembrava ci fosse una grande quantità di gente in quei 18 metri quadri di camera. In quello spazio angusto si delineava una grande curiosità e un fare deciso che mi ha portato a scrivere da bimba, le prime canzoni, a partecipare allo Zecchino d’Oro, e dopo qualche anno a mettere su una band con la quale ho girato l’Italia suonando. I miei occhi hanno guardato alla musica sempre come una sorella alla quale affidare i pensieri, e quando ho iniziato a scrivere in italiano, poco meno di due anni fa, questa sorella ha iniziato a farmi da specchio, come mai era successo prima e allora ho cercato un nome che in qualche modo conoscessi da sempre, e ho pensato semplicemente alla me da piccola, e a cosa diceva mio padre, quando mi richiamava all’ordine.

Come nascono le tue canzoni? Che ambiente crei intorno a te stessa?

Le canzoni partono da una serie di frasi musicate che ho in testa, accade ovunque, al supermercato, nello spogliatoio della piscina, mentre cammino. Cerco di tenerle a mente il più possibile, ove posso le registro col telefono e poi mi siedo al pianoforte e inizio a suonare quelle idee. Ma intorno a me potrebbe esserci anche un party, non lo sentirei, riesco a sentire solo quell’input. Visti i contesti direi che non le scrivo le canzoni, le invento.

Quali sono i tuoi ascolti del presente e del passato?

Mentre nascevo nella stanza accanto la radio suonava Caruso di Lucio Dalla, e ricordo andare in casa i dischi di Venditti, di Ivan Graziani, di Gino Paoli. Cresco col mito di Raffaella Carrà e di Patty Pravo e mi nutro della magia di Elton John che insieme a Bernie Taupin fa di me una devota.

Riguardo il tuo nuovo brano “La vita e le cose” ho letto che, “Mille vuole raccontarsi un po’
più da vicino: soggetto e complemento oggetto del nuovo brano è, infatti, un rapporto caro
all’autrice, cantato e raccontato attraverso diversi, preziosi scorci di quotidianità. In questo
brano Mille omaggia tutte quelle piccole cose, gesti, abitudini che scandiscono le giornate
e uniscono le persone”. Puoi commentare queste parole?

Dietro ad ogni piccola cosa io ci vedo la poesia, quest’attitudine mi fa sentire ricca, fortunata. Andare a fare la spesa con la persona che amo cela una sua poetica, quanti vanno al supermercato? Non si tratta di un evento straordinario lo so, ma diventa eccezionale quando mi accorgo che sta succedendo e mi sento che sto dentro alle cose che vivo, profondamente.

Quali sono le differenze tra “La vita e le cose” e i tuoi lavori precedenti?

Le canzoni che scrivo da sempre per i Moseek sono legate al gioco dei suoni, un gusto estetico connesso alla media tra le storie dei componenti della band. Le canzoni in italiano che sto pubblicando ricalcano esclusivamente la mia faccia, con i solchi dei sorrisi e delle lacrime che hanno filtrato le parole e le melodie mentre mi sedevo davanti al pianoforte.

C’è un “filo rosso” che lega le tue canzoni?

La malinconia è il filo rosso che connette la me di oggi con quella dell’anno scorso e così andando all’indietro. Le canzoni che scrivo sono fotografie che immortalano pezzi di vita, per la proprietà transitiva, la malinconia è anche il filo rosso delle mie canzoni.

Dove trai ispirazione per i testi?

Dal filo rosso di cui sopra.

Hai fatto parte di una compagnia teatrale. Cosa ricordi particolarmente di questa
esperienza?

La sensazione prima di entrare in scena, la ricordo perfettamente. Via qualsiasi pensiero se non la vita del personaggio di cui indossavo i panni. Una grande palestra.

Con Moseek hai partecipato a X-factor. Secondo te i talent show sono un traguardo o un
punto di partenza o altro?

Per quello che ha riguardato i Moseek, il talent è stata una tappa speciale, che ci ha dato tantissimo in termini di visibilità e di bagaglio di esperienza. I talent non sono mai un traguardo, ma un mezzo, molto bello nel nostro caso, dal quale farsi attraversare assolutamente con entusiasmo.

Ora stai intraprendendo una carriera da solista. Quale è la differenza tra suonare per una
band e suonare per se stessi?

Scrivere è da sempre fisiologico per me. Comporre le canzoni per i Moseek mi portava a connettermi con una dimensione legata al suono e ad una narrazione che fosse un po’ la media delle storie di noi tre. Quando ho iniziato a scrivere in italiano non ho piu fatto operazioni di media e non mi sono più agganciata ad altro suono che non fosse quello della mia voce.

Per finire saluta i nostri lettori….

E’ un grande dono per me, trovare negli occhi dell’altro l’interesse per quello che faccio. Grazie a chi leggerà le parole di questa chiacchierata.